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Capire la propria alta sensibilità: primi passi per conoscersi davvero

Perché alcune persone sembrano “sentire di più”?

Non è solo una questione di emozioni forti o di pianti facili. Essere altamente sensibili significa avere un sistema nervoso progettato per registrare le sfumature. La dove altri si fermano alla superficie, tu riesci a cogliere profondità. Dove altri passano oltre, tu tendi a fermarti, magari troppo a lungo.


Eppure, fino a quando non scopri cosa sia la sensibilità innata, potresti avere la sensazione che in te ci sia qualcosa di sbagliato, ma è nel momento in cui arriverai a comprendere che la sensibilità non va considerata debolezza, ma elaborazione profonda, che la percezione di su te stesso/a può cambiare in modo significativo.


Elaine Aron ha introdotto il termine “Highly Sensitive Person” negli anni ’90, ma oggi anche la neuroscienza lo conferma: alcune persone hanno una maggiore reattività dell’amigdala, più attività nella corteccia insulare (coinvolta nell’empatia e nella consapevolezza emotiva) e una tendenza a processare stimoli con maggiore intensità e durata.


Essere altamente sensibili, dunque, non è un’etichetta, ma un modo di percepire la realtà e di stare al mondo. Non significa essere fragili, ma permeabili. Un’abilità che indubbiamente richiede di essere affinata, ma non deve assolutamente essere considerata una carenza da correggere.

Tra le caratteristiche che contraddistinguono una persona altamente sensibile (PAS) esistono alcuni aspetti meno evidenti, ma altrettanto significativi, ovvero, quelle qualità sottili e spesso non immediatamente riconoscibili che rivelano una profonda sensibilità emotiva, sensoriale e relazionale.

Ecco, quindi, di seguito alcuni segni distintivi dell’alta sensibilità meno noti, ma altrettanto comuni:

  • Sensibilità all’ingiustizia: le PAS spesso reagiscono con forza a situazioni eticamente ambigue, anche a costo del proprio benessere.

  • Contrasto interiore tra desiderio di connessione e bisogno di solitudine.

  • Alessitimia temporanea: quando lo stimolo emotivo è troppo intenso e può bloccare temporaneamente l’accesso alle parole. In quei momenti, è come se il linguaggio 'saltasse', rendendo difficile esprimere ciò che si prova. Potrebbe capitare di non riuscire a capire o esprimere le proprie emozioni fino a quando non si abbia il tempo di elaborarle con calma e in solitudine.

  • Memoria emotiva molto viva: certi ricordi sembrano ancora “presenti” anche dopo anni.

  • Profondo senso estetico, non solo verso l’arte, ma anche verso piccoli dettagli quotidiani.

 

Ti propongo un Mini quiz per un’auto-osservazione più consapevole:

invece di un test a risposta chiusa, prova a porti queste domande in un momento di quiete. Prenditi qualche minuto per sentire le risposte, non solo pensarle.

  1. Quando entro in un luogo, cosa noto per primo che gli altri spesso non vedono?

  2. Quali emozioni mi mettono così a disagio o mi attivano così intensamente, da farmi reagire immediatamente, senza riuscire a rimanere semplicemente presente con ciò che sento?

  3. In quali situazioni mi rendo conto che il mio "sentire" diventa un limite? Quando, invece, è una risorsa?

  4. Come reagisce il mio corpo quando mi sento sopraffatto/a? Che segnali mi dà?

  5. In che modo mi è stato insegnato (o vietato) di vivere la mia sensibilità?


Queste domande non danno un “punteggio”, ma aprono un dialogo con se stessi e questo è senz’altro il primo passo per smettere di giudicarsi e iniziare ad accogliersi ed essere più rispettosi verso di sé.

 

La sensibilità come tensione creativa

Essere una persona altamente sensibile (PAS) comporta spesso una costante tensione interiore: una dinamica continua tra apertura e protezione. La sensibilità accentuata porta a percepire il mondo in modo più profondo e intenso — ogni emozione, dettaglio, atmosfera viene assorbito con maggiore forza. Tuttavia, non sempre risulta chiaro come gestire o canalizzare questo “di più”, questa sovrabbondanza percettiva ed emotiva.


In mancanza di strumenti adeguati, può subentrare una forma di adattamento: ci si nasconde, ci si irrigidisce, si assume un atteggiamento più razionale, veloce, controllato, nel tentativo di conformarsi a un modello relazionale o sociale che premia la reattività, la produttività e il distacco emotivo. Con il tempo, però, questa strategia difensiva rischia di generare affaticamento, fratture interiori o un senso di disconnessione da sé.


Riconoscersi come persona altamente sensibile non rappresenta un alibi per evitare la realtà, ma costituisce un’opportunità di consapevolezza. Un invito ad abitare il mondo in modo più coerente con la propria natura sensibile, adottando strumenti adeguati per affrontare la complessità della vita senza negare sé stessi.


Diventa allora fondamentale orientarsi verso contesti più affini, che accolgano e rispettino le caratteristiche sensoriali ed emotive delle PAS. Ritmi più umani, relazioni più nutrienti e ambienti meno sovrastimolanti diventano elementi essenziali per il benessere. Non si tratta di ritirarsi o proteggersi in modo rigido, ma di smettere di tradire la propria autenticità nel tentativo di ottenere accettazione. Quando la sensibilità viene riconosciuta e integrata, può trasformarsi in una risorsa preziosa: fonte di creatività, empatia e profonda connessione con ciò che circonda.

 

Ecco per te alcuni strumenti pratici per iniziare con consapevolezza, ma con nuove chiavi:

  • Il diario sensoriale: ogni giorno, annota 3 cose che ti hanno toccato (belle o scomode). Col tempo, ti aiuterà a riconoscere i tuoi trigger e le tue fonti di nutrimento.

  • “Ritiri micro”: 5 minuti senza stimoli. Spegni tutto, chiudi gli occhi, respira. Non meditare, non fare. Solo disinnesca il sistema nervoso.

  • Rileggi la tua infanzia con occhi nuovi: chiediti “quali comportamenti della mia infanzia leggerei oggi come segnali di alta sensibilità?”

  • Contatta il corpo prima della mente: le PAS spesso vivono nella testa. Impara a radicarti nei piedi, nella pelle, nel respiro entra in sintonia con il tuo corpo e il respiro.


Se ti va, condividi la tua esperienza di persona altamente sensibile nei commenti. Le tue parole potrebbero offrire conforto, ispirazione o semplicemente far sentire meno soli.


Nel condividere la tua esperienza, potresti usare come traccia queste domande:

C’è stato un momento in cui ti sei sentito/a davvero visto/a e riconosciuto/a per ciò che sei?

Cosa ti ha aiutato ad attraversare un momento difficile?

In che modo la tua sensibilità è diventata (o sta diventando) una risorsa, anche quando comporta fatica o dolore?

Raccontarsi è un atto di coraggio e condivisione. Qui, la vulnerabilità non è un limite, ma una forma di autentica e profonda forza umana.

Anna Maria Le Moli

Percorsi di Trasformazione ed Evoluzione Personale💎


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