È opinione diffusa considerare i Tarocchi come un mezzo di divinazione, uno strumento per prevedere il futuro. Questo largo pensiero nei secoli si è consolidato in comuni credenze facendo perdere di vista e svilendone il loro reale significato.
In realtà, quello dei Tarocchi è un linguaggio analogico, iconografico, simbolico, poetico. Gli arcani, infatti, sono immagini che veicolano archetipi, che se utilizzati con sapienza permettono, attraverso il loro simbolismo, di mettere l’individuo in connessione con parti di sé profonde e inaccessibili.
I tarocchi, rappresentano archetipi di trasformazione, affini a quelli del mito, del sogno, dell’astrologia, dell’alchimia e se ben interpretati, consentono una puntuale comprensione del presente, nei suoi aspetti più nascosti e sfuggenti, sia individuali, che collettivi.
Jung affermava che, “l’uomo sempre ha sentito la necessità di trovare un accesso attraverso l’inconscio al significato di una condizione presente.”
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Quando durante una sessione di Tarologia mi viene chiesto: “Troverò l’amore?” La mia risposta è: “Non posso dirti se lo troverai, piuttosto, come mai non lo trovi, quali sono le cause.” Questo perché i Tarocchi permettono di avere una chiara visione del presente e di quello che definirei le cristallizzazioni, ovvero, quei blocchi che impediscono la piena espressione di sé in un determinato ambito dell'esistenza. È solo andando a lavorare sul presente e sugli eventuali blocchi, consci o inconsci, che sarà possibile creare un futuro migliore. Per creare un futuro migliore, quindi, è fondamentale partire dall'osservazione delle cause presenti che ci ostacolano e i Tarocchi, se ben usati e interpretati, agevolano questo lavoro di ricerca interiore. Attraverso la consultazione e l’interpretazione dei loro simboli è possibile mettere a fuoco le cause che ci impediscono di evolvere in determinati aspetti della esistenza consentendoci di comprendere se queste cause sono legate a difficoltà personali, a traumi passati, presenti o trans-generazionali.
È importate sottolineare che intraprendere il lavoro su di sé attraverso gli archetipi non può essere scisso da un processo di auto-osservazione. Ad esempio, parlando d’amore si comincia osservando se esistono elementi ricorrenti nelle relazioni affettive, verificando se vi è una tendenza ad innamorarsi di persone simili tra loro e che ci pongono sempre di fronte ad una medesima dinamica, che conduce a ripetere di continuo lo stesso tipo di errori. Direi, quindi, che la prima domanda da porsi è: “Perché mi accade questo?”
È da qui che inizia la creazione di un nuovo te stesso. Contattami pure
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